Prefazione di Giuseppe Scommegna
Diceva Duke Ellington: “Ci sono tante cose ad
Harlem…scene di vita, di gente che fa all’amore, odore di cucina…si sente la
radio...; un cortile di Harlem è come un altoparlante: vedete seccare la
biancheria al sole, sentite abbaiare il cane del vicino, sentite l’odore del
caffè…che cosa meravigliosa è quell’odore! E un cortile mostra anche i contrasti: chi fa
cuocere riso e chi un grosso cappone…”. Certo,
perché Harlem non è solo il nome di un quartiere di New York, bensì è stato lo
scenario di un vero e proprio microcosmo dove, fra le mille contraddizioni
sociali e le sofferenze del ghetto nero, si è sviluppato il dirompente
epicentro di tutto il jazz americano. Harlem è stato il ritratto più autentico
del linguaggio afro-americano, dell’aspirazione alla libertà espressiva e
socio-politica, nonché il quartiere del Cotton Club, del Birdland e di altri
mitici locali dove si esibivano frequentemente i più grandi nomi della storia
del jazz.
Ma Harlem è anche “l’america” che tutti noi abbiamo
sempre sognato ed immaginato e che due nostri concittadini, Rocco Di Cosmo e
Gabriele Corvino, hanno avuto il coraggio di toccare con mano e di
concretizzare attraverso l’apertura di un music club (l’Harlem, per l’appunto)
che ha avuto tutte le caratteristiche dei grandi locali d’oltreoceano. Punto di aggregazione per musicisti e
appassionati di musica, luogo di scambio di idee e di nuove tendenze culturali,
si presentava come uno dei pochi circoli stimolanti per la creatività di
chiunque voleva esibirsi, grazie anche alla presenza di un palco e di strumenti
musicali disponibili per tutti.
L’Harlem Club
ha costituito una realtà decisamente innovativa per Orta Nova, città a volte un po’amorfa ed incolore, adagiata
nel perenne disinteresse e nell’apatia di molti suoi giovani cittadini! Ed è per questo che dobbiamo sentirci in
dovere, anche a distanza di anni, di ringraziare questi due ragazzi, Rocco e
Gabriele, che ci piace immaginare come i leggendari personaggi di un celebre
testo teatrale di Alessandro Baricco (Novecento),
i quali sorretti dalle incantevoli note del pianista sull’oceano, avevano ”l’america
negli occhi” e la piena consapevolezza che “…non
sei fregato veramente finché hai da
parte una buona storia da raccontare”. E loro una storia da raccontare ce l’hanno
avuta! Tra i tanti locali aperti (e
spesso poi chiusi) nella nostra città, l’esperienza dell’Harlem Club è stata
unica, anche se qualche locale cittadino tenta di emularne lo spirito. L’idea
del Club era magnifica, rivoluzionaria per il nostro ambiente, un vero luogo della
mente, in cui immergersi lasciando fuori dalla porta quella che poteva essere
la realtà quotidiana di ogni suo avventore. E proprio fra i suoi clienti, era
forte il richiamo di gente che proveniva da fuori Orta Nova, che condivideva lo stesso spirito e la stessa passione per la
musica di molti ortesi. Così come numerosi sono stati gli ospiti musicali,
persone capaci di comunicare con uno strumento tra le mani, così come per loro
è facile parlare, mangiare o bere. Ma una serata resterà per sempre impressa
negli occhi e nelle orecchie di chi è stato protagonista, tra quegli ottanta
spettatori, la sera del 21 novembre 2009, quando l’angusto palco all’interno
del locale è stato occupato dal chitarrista napoletano Antonio Onorato e dal
suo gruppo. E che storia, quella che il protagonista ha voluto raccontare
attraverso le note: il musicista
ha
collaborato (tra gli altri) con Pat Metheny e Pino Daniele, e, nota curiosa, è
stato il maestro del talento nostrano Matteo Fioretti.
Alla presenza di un’ottantina di spettatori (alcuni
dei quali giunti addirittura da Termoli) era accompagnato da un trio delle
meraviglie, composto da Joe Amoruso, leggendario pianista dell’età dell’oro di
Pino Daniele, Diego Imparato, bassista di talento e dello straordinario
batterista Alberto D’Anna, scomparso prematuramente nel 2015, e del quale
porteremo per sempre i suoi suoni e il suo ricordo. Il leitmotiv della serata è
stato possibile individuarlo nella fusione tra fraseggi puramente jazzistici
con ascendenze coltraniane e spiccate sonorità mediterranee caratterizzate
dall’uso frequente di scale napoletane ed orientali, nonché dall’uso di una
synth guitar a fiato. E’ stato indubbiamente un evento, oseremmo dire, unico
nella storia musicale ortese, sulla cui portata non c’è stata però né la giusta
percezione, né tantomeno un’adeguata partecipazione: basti pensare che su
ottanta persone c’erano solo venti ortesi!
Campeggiava nel locale una suggestiva tela
realizzata da Michele Sacco, e donata allo staff come auspicio della buona riuscita
del progetto, mentre il logo fu opera del pittore Faccilongo. L’arredamento,
molto caldo e accogliente, discretamente soffuso, era l’ideale per trascorrere
delle serate in piena spensieratezza, con il contributo del piccolo e fornito
banco bar e il continuo sottofondo della musica live che ogni sera veniva
proposta all’Harlem Club.
Ma non solo musica: l’amica Giovanna Di Pietro, ad
esempio, fu la curatrice di una bellissima rassegna di cinema musicale, con la
visione delle più celebri pellicole americane dedicate alla musica, prima fra
tutte l’iconica The Blues Brothers, film commedia musicale del 1980 diretto da John Landis e interpretato da John Belushi e Dan Aykroyd. E poi la musica
suonata, dalle tantissime band che sono state ospitate, ai numerosissimi amici
e collaboratori, musicisti e avventori allo stesso tempo, persone che hanno
voluto condividere un sogno, romantico e visionario al tempo stesso: Matteo
Fioretti, Riccardo Mennuti (Richard Blues), Giovanni Tripputo (John Trip),
Maurizio Ferrandina, Daniele Del Gaudio, Francesco Bozza, Peppino Di Leo, Giuseppe
Scommegna, oltre naturalmente ai due titolari!
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Vita quotidiana al Club, con Matteo Fioretti |
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Vita quotidiana al Club, con Richard Blues. |
Memorabile fu la serata/evento col tributo a Fabrizio De André, con il locale invaso da oltre 350 persone, a dimostrazione delle passione e del particolare gradimento per l’idea e per la poesia di Faber. E come dimenticare le suggestioni argentine del Nuevo Tango Ensamble di Gianni Iorio, tra tango e jazz?! La proposta musicale dell’Harlem era multicolore, dedicata a tutto coloro che sono stati capaci (e lo sono tutt’ora) di recepire la magia delle sette note, qualsiasi sfumatura esse abbiano. Altri autorevoli testimoni della vivacità del club furono Federico Poggipollini, già chitarrista e collaboratore dei Litfiba e prima chitarra di Luciano Ligabue, e Davide Luca Civaschi, meglio conosciuto con il nome d'arte di Cesareo, chitarra ufficiale di Elio e le Storie Tese, nonché collaboratore di Daniele Silvestri e del compianto Massimo Riva, storica chitarra di Vasco Rossi. La storia dell’Harlem Club, come si vede, è puntellata di grandi e piccoli eventi, tutti memorabili per chi ha avuto la fortuna di assistervi, ma il Club ha chiuso i battenti lasciando dietro al grande portone di legno, oltre alle voci, i suoni e i ricordi, una solenne promessa: la serata che vide come ospiti Antonio Onorato e la sua band, il talentuoso pianista Joe Amoruso, in piena confidenza, disse: < wuagliù, avete fatto un bellissimo club dove si suona divinamente, mi sembra di essere tornato negli anni settanta, e voglio turnà a sunà nata vote cà >!!! Siamo in tanti a sperare che questa promessa venga mantenuta.
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Federico Poggipollini (al centro) con alcuni membri del Club, tra i quali uno dei titolari, Gabriele Corvino (a destra) |
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