domenica 15 dicembre 2013

compraSud

In questa epoca di forte crisi economica, dovuta principalmente all’assetto di nuovi equilibri mondiali, di fianco al consueto malcontento e al rigetto di regole e di sistemi politici e amministrativi vecchi e obsoleti, c’è chi tenta di attuare interessanti progetti anti recessione. Ma prima di addentrarci nei dettagli di un operazione di tipo commerciale, di iniziativa meridionale, è necessario riassumere alcuni dati che, lungi da qualsivoglia appartenenza politica o ubicazione geografica, credo siano inconfutabili. L’Italia è un paese che possiede un’economia duale, con zone a forte sviluppo economico e civile e zone tanto depresse da uscire da qualsiasi parametro europeo. Questa situazione, una volta definita “questione meridionale”, si trascina da più di un secolo e mezzo,  e la sua soluzione, pur essendo stata un cavallo di battaglia di schiere di politici durante accese campagne elettorali, non è mai stata seriamente e pienamente attuata. Anzi, nel tempo,  la forte economia settentrionale ha cannibalizzato la debolezza delle regioni meridionali e la classe dirigente italiana non ha la piena capacità, nonché la volontà di porre rimedio a questa anomalia, tranne che per lanciare slogan vuoti, oppure prendere provvedimenti "tampone", sotto forma di integrazioni e pensioni assistenziali.
A questo punto mi sento in dovere di introdurre un breve brano tratto da un libro di testo scolastico, pubblicazione che risale a quasi quarant'anni fa, adottata da diversi istituti di scuole superiori negli anni 80. Il libro si intitola “Sud, miti e realtà”, Editrice Ferraro, scritto da Ugo Piscopo e Giovanni D’Elia. “….nell’ambito del nuovo stato unitario, il Mezzogiorno divenne una terra da sfruttare, una colonia le cui risorse dovevano favorire lo sviluppo del nord, oltre che il consolidamento e l’espansione del potere della borghesia. L’alleanza tra questa e i proprietari terrieri del sud, che di fatto aiutarono i Savoia e Garibaldi a  rovesciare i Borbone, impediva qualunque trasformazione in senso progressista della società meridionale. Lo sviluppo capitalistico settentrionale comportava il sottosviluppo programmato del meridione: per garantire l’ammodernamento e l’ampliamento dell’apparato industriale del nord, era necessario tenere inchiodato il Sud in una condizione di inferiorità, in modo da utilizzarne le risorse economiche e umane…!”. Inoltre, emblematiche suonarono le parole del nuovo governatore della neonata banca d’Italia, Carlo Bombrini, nel lontano 1862 : “I meridionali non dovranno più essere in grado di intraprendere”.
Uno studio dell’economista Paolo Savona ha messo in evidenza il fatto che su quasi 72 miliardi di euro l’anno di acquisti effettuati dai cittadini delle regioni meridionali, ben 63 sono di beni e servizi prodotti nelle regioni del Nord. Solo una parte dei restanti 9 miliardi resta nel Mezzogiorno, essendo comprese in essi anche la quota di spese estere.

Ufficiale è il fatto che la bilancia commerciale delle Regioni settentrionali sia positiva verso i mercati del sud Italia e negativa verso l’estero – fatta eccezione per il Veneto – che ha entrambe le voci positive. Questo cosa vuol dire? Che le regioni meridionali sono il mercato di riferimento delle aziende del nord, che in molti casi operano in regime di monopolio, mancando qualsivoglia forma di concorrenza, le quali aziende, senza la quota consumo del mercato interno nazionale, sarebbero facilmente in passivo e destinate ad enormi difficoltà di gestione!
 COMPRASUD è un progetto che vari movimenti e associazioni meridionaliste hanno elaborato per alleviare, nell'immediato, i problemi economici del Mezzogiorno. Esso è affidato essenzialmente ai consumatori meridionali e non, di ogni parte d'Italia. Se costoro vogliono, senza rischi o sacrifici, aiutare i loro figli a non emigrare più, basta che scelgano mensilmente merci prodotte da aziende del Sud.
Per iniziare, a parità di prezzi e di qualità, è facile scegliere fra generi alimentari,  (pasta,  acqua minerale, olio, vino, pelati, salumi, gelati, dolci, biscotti, ecc.), oppure manufatti non alimentari di vario genere (mobili, salotti, utensili e attrezzature varie), di fabbricazione dauna, pugliese o meridionale in generale. Incominciate a pensare che, se ogni mese una famiglia di meridionali  (circa 6 milioni in Italia) spendesse 200 euro per l'acquisto di prodotti del Sud, ogni anno le nostre imprese incasserebbero minimo 14,4 miliardi di euro, che gireranno praticamente nelle nostre tasche, evitando che le imprese "forestiere" sfruttino l’economia e il mercato meridionale, con la sottrazione di materie prime, che saranno finalmente lavorate al Sud, e di preziosi capitali, che allo stato attuale prendono la fuga verso le banche, le finanziarie, le aziende di franchising e le compagnie assicurative del nord. Questo potrebbe essere un modo per ricostruire una comunità economica e culturale meridionale nel segno della solidarietà e del rispetto di tutte le categorie e di tutti i soggetti che ne fanno parte, non dimenticando che l’economia è anche cultura e identità di un popolo. I prodotti della nostra terra e del nostro lavoro parlano di noi più di qualsiasi altra cosa!