domenica 14 dicembre 2014

Orta Nova, ieri e oggi

U’ canalòne


Con questo termine dialettale ortese si è soliti indicare quella che viene definita la più bella via di Orta Nova. Questo “soprannome” deriva dal fatto che, quando non esisteva l’attuale impianto fognario, dopo ogni temporale questa strada si trasformava in un minuscolo torrentello, "guadato" a suo tempo dai carri dei contadini, dalle grandi ruote e trainati da cavalli (i'scjarabball), e dai viandanti che non potevano attendere il termine dell’ondata di piena !
Questo sinuoso serpente, leggermente curvilineo, si insinua nella zona storica del centro abitato, parallela al corso principale e offre una interessante prospettiva,  sia che lo si percorra dirigendosi verso il centro, con lo sfondo della sagoma del campanile della Chiesa Madre, sia che la direzione è inversa, con la veduta sul maestoso palazzo Traisci, attuale sede della comunità delle suore. In tempi passati questa via ha goduto di una certa centralità, in quanto comoda per i pedoni e luogo di culto religioso, in occasione della ricorrenza della festa di San Rocco, tant’è vero che era conosciuta dai nostri nonni col nome familiare  di stråde de Sanderocche. Qui, nel giorno 16 agosto, si svolgeva una sentita e suggestiva processione, dedicata a San Rocco, con le luminarie che poste lungo la via, culminavano con una maestosa illuminazione ad arco, collocata in prossimità del palazzo Traisci, sotto la quale veniva accompagnata la statua del Santo. Questa grande luminaria era chiamata u chjesjone e offriva, per chi proveniva dal centro, una prospettiva davvero favolosa ! Sul canalone si affacciano dei bei palazzi d’epoca, tale da rendere unica questa via. Un tempo l’accesso dei mezzi era inibito da due blocchi di pietra, chiamati i tìttele che impedivano il passaggio delle sempre più numerose automobili, fatto che aiutava a preservare l’integrità della strada.
Il Canalone, e tanti altri punti della città,  nel tempo sono stati vittima di efferati crimini urbanistici, commessi da amministratori poco propensi a conservare la memoria storica, le tradizioni e l’integrità di un interessante centro storico. Infatti, le bianche pietre che coprivano tutto il suo percorso sono state ricoperte di “volgare” catrame e successivamente la via aperta al traffico e agli escrementi dei cani ! Queste sono ferite aperte per Orta Nova, e allora si chiuderanno quando sarà ridata dignità e decoro alle varie realtà del tessuto urbano, violentate senza contegno, dal cinismo delle amministrazioni comunali che le hanno assassinate. L’elenco è lungo, se pensiamo al vecchio palazzo comunale, demolito per far posto a quell’eco mostro che oggi domina piazza Pietro Nenni, la vecchia chiesa gesuitica, risalente al Settecento, con l’attiguo arco in pietra, che era la porta di accesso alla Cittadella Gesuitica, il nucleo originario dal quale è nata Orta di Capitanata, uno dei Cinque Siti Reali voluti dai Borbone. E poi, l’intero percorso di Corso Aldo Moro, una volta Via Nazionale, col suo meraviglioso selciato di pietra lavica, accompagnata dagli stupendi marciapiedi, anch’essi in pietra, una delle più belle passeggiate di Orta Nova, distrutto dal catrame e da orribili aree di posteggio, che hanno “tagliuzzato” il marciapiede in maniera inguardabile.
La nobiltà della pietra sostituita dalla volgarità del catrame e del cemento. Anche questo è un segno dei tempi !
Queste zone della città chiedono giustizia, un ritorno alle origini, quando i nostri avi le hanno realizzate, dimostrando gusto estetico e senso pratico, a differenza di quelli che sono arrivati dopo, che, in nome di non so quale disegno, hanno contribuito alla distruzione di elementi urbanistici che la loro cultura evidentemente non poteva comprendere !




sabato 22 novembre 2014

OBIETTIVO ARTE


Ryszard Horowitz
Stupitemi…! Così Alexey Brodovitch, il leggendario direttore creativo dell’agenzia newyorkese Harper’s Bazaar, sollecitava i suoi studenti. Per lui il design – si trattasse di illustrazione, grafica o fotografia – doveva essere provocante e innovativo.
Nel suo laboratorio di creatività si sono formati fotografi quali Richard Avedon, Hiro, Art kane, Arnold Newman, Irving Penn e un giovane Ryszard Horowitz.
Nato in Polonia durante la seconda guerra mondiale e sopravvissuto ad Auschwitz, in gioventù ha avuto una formazione classica in campo artistico, ricevuta all’ Accademia di Belle Arti di Cracovia, per poi assorbire tutta l’influenza della cultura polacca ed europea in generale. L’aspirante fotografo ha vissuto a pieno il clima di avanguardia artistica che ha caratterizzato Cracovia negli anni Cinquanta. Da questa esperienza innovativa si sono venute a delineare alcuni elementi che hanno fatto di Ryszard Horowitz uno tra i più originali interpreti del surrealismo in fotografia.
Egli si appassiona alla fotografia americana e, dopo la sua esperienza al Pratt Institute di New York, seguito da un periodo di intense collaborazioni, diventa art director per l’agenzia pubblicitaria Grey Advertising. Nel 1967 apre il proprio studio fotografico nella Grande Mela, dando il via alla realizzazione delle sue immagini fantastiche, di chiara ed evidente matrice surrealista (notevoli sono i richiami e le influenze della pittura di Salvador Dalì).
Le sue opere gli valgono numerosi  e prestigiosi premi, quali gli Award of Excellence da parte dell’Art Directors Club, l’American Photographer of the Year, il Kodak VIP Image Search. Tra i suoi committenti vi sono le maggiori aziende americane ed europee e i più prestigiosi periodici.
Le sue mostre, intitolate Expanding the Imagination, si tengono nelle più importanti città europee, come Varsavia, Praga, Parigi, Ginevra, Rochester, oltre che negli Stati Uniti, ad Hong Kong e in Giappone. Anche Milano ha ospitato l’ importante evento, accompagnato da convegni tenuti dallo stesso autore.
La tecnica usata dall’artista è quella dell’assemblaggio di immagini, effettuata al computer. Egli fotografa i singoli elementi che comporranno la sua opera e poi, una volta trasferiti sul PC in forma digitale, si procede all’assemblaggio vero e proprio. Ma, come dice Ryszard Horowitz, << il computer è semplicemente un mezzo, estremamente utile per giungere a un certo risultato, però alla base stanno l’idea, la fantasia e la creatività del fotografo. La costruzione mentale delle immagini, una determinata prospettiva e l’idea finale dell’opera, possono essere solo frutto dell’intelletto umano ! >>
Allegory 1

Tutti gli elementi di questa foto sono stati fotografati in studio,separatamente e poi assemblati grazie al computer. Il ruolo del fotografo è quello di regista, di “compositore fotografico”. Sia il violoncello che la tastiera, costruita appositamente per la foto, sono stati fotografati in una vasca riempita d’acqua. La tastiera vi è stata gettata per creare turbolenze e onde in miniatura, congelate dall’obiettivo del fotografo. Anche i due modelli sono stati fotografati in studio, su fondo nero. Gli strumenti musicali compaiono frequentemente nelle opere di Ryszard Horowitz a ricordare la sua passione per il jazz, di cui, negli anni Sessanta, ha fotografato i grandi protagonisti.

Allegory 2

Anche in questo caso i diversi elementi che compongono l’opera sono stati fotografati in studio. Qui il fotografo si è avvalso dell’aiuto di Robert Bowen, esperto in immagini pubblicitarie. Il vassoio di plexiglass è stato costruito appositamente per la foto, mentre gli altri elementi sono stati ripresi in natura. Il bambino è stato fotografato su fondo bianco, e tutte le foto in seguito assemblate al computer.

Stolar System


Questo è un caso di foto pubblicitaria. Soggetto e committente è la Stolichnaya Vodka e il titolo dell’opera si basa su un gioco di parole che richiama il sistema solare, i cui pianeti sono formati da olive, arance, limoni e altri piccoli frutti che ruotano intorno alla bottiglia di vodka. La bottiglia è stata immersa in una vasca appositamente costruita e le bolle create dall’immersione sono state congelate dal flash, il tutto su fondo bianco. Gli altri elementi sono stati aggiunti in un secondo tempo, combinandoli al computer.

martedì 11 novembre 2014

Festa dell' Unità...



…in musica
Anche quest’anno si è rinnovato il tradizionale appuntamento con la Festa dell’Unità ortese. A differenza di altre edizioni, questa del 2014 è stata una versione più votata al territorio, in quanto si è anche voluta celebrare l’Unità della coalizione nata intorno alla figura e al ruolo del candidato sindaco delle precedenti elezioni comunali, l’avvocato Iaia Calvio. Quindi l’evento ha visto coinvolti non solo il Partito Democratico, come da prassi,  ma anche il Partito Socialista Italiano, la lista civica Noi per Iaia e il movimento politico e culturale l’Orta Nova che vorrei.
Oltre all’aspetto propriamente politico, con convegni, dibattiti e assemblee di cultura politica, sociale ed economica, si è dato ampio spazio all’intrattenimento, con particolare attenzione alla musica. Infatti a chiudere la due giorni dell’Unità è stato il concerto del gruppo Terra Nostra Folk, formazione musicale di Troja, con un repertorio che pesca nella tradizione folkloristica del Gargano e nei canti dedicati al fenomeno ottocentesco del brigantaggio,  autentica mobilitazione popolare di “partigianesimo” meridionale. La scelta del gruppo folk, per la chiusura della Festa, è stata fortemente voluta dall’organizzazione, al fine di rimarcare l’attenzione al territorio e alla sua inclinazione economica e culturale. A rendere ancora più suggestive le musiche del gruppo è stato l’accompagnamento della danzatrice Paola Anzivino, con i meravigliosi e coinvolgenti passi della tarantella garganica, con le sue movenze ossessive e liberatorie, frutto di arcaici rituali della cultura contadina meridionale, pregna di significati e di un linguaggio non verbale molto esplicativo.

https://www.youtube.com/watch?v=nxP4B7c401Y

venerdì 17 ottobre 2014

Il compito degli storici veri...


“….la storia è scritta dai vincitori…”. Quante volte abbiamo ascoltato e letto questo che sembra essere un ineludibile assioma, che inesorabilmente ci invita ad accettare la “verità” senza mai chiederci quanto obiettive e veritiere siano le informazioni sui piccoli e i grandi avvenimenti. Nel novecento, inoltre, il privilegio di raccontare le cronache della storia è diventato appannaggio non solo degli storici accademici, ma anche dei loro cugini più "prossimi", ossia i giornalisti.  Riflettendo attentamente, viene da concludere che in fondo la storia non esiste, che è solo un' invenzione della mente umana: più degli avvenimenti reali, conta quello che agli uomini conviene raccontare, spinti da mille ragioni e spesso facendo in modo che i fatti seguano un percorso di comodo, per gli interessi e gli equilibri di un determinato pensiero dominante. Non a caso anche la televisione, con documentari e con serie di fiction, ultimamente si sta occupando della divulgazione di fatti storici, e, tranne in rare occasioni, non si fà altro che ribadire e rafforzare quelle che sono le teorie della storia nozionistica e convenzionale, con toni scolastici che spesso sfiorano la stucchevole retorica di cui la cultura italiana è ancora pregna. La disciplina della storia, invece, negli ultimi anni, si sta rivelando una materia in continua trasformazione, grazie soprattutto a nuovi metodi di indagine, di ricerca, a ridotti condizionamenti, al web e alle ampliate capacità mentali di chi studia gli avvenimenti che, scevro da qualsivoglia riserva ideologica, cerca di capire in maniera più approfondita e logica il corso degli eventi del passato. Quelle che risultano verità oggettive acquisite da decenni, possono essere passibili di rilettura e, perché no, di revisione, anche se, a tal proposito, le resistenze che si incontrano sono tante, specie nel mondo accademico. Negli Stati Uniti d'America, ad esempio, c'è un tentativo di rivalutazione di osservazioni storiche che sta mettendo in dubbio la "bontà" di alcuni personaggi della giovane storia americana, primo fra tutti lo "scopritore" del continente, Cristoforo Colombo, che si sta riscoprendo, da nuove fonti acquisite, essere stato un violento persecutore delle popolazioni indigene. Ricordiamo anche la vicenda dei nativi americani, quegli stessi pellerossa che certa cultura e il cinema americano del dopoguerra ci hanno sempre rappresentato come ostili, violenti e inospitali,  ma che in realtà sono state le vere vittime e oggetto di un vero e sistematico genocidio, in occasione della violenta conquista europea del lontano West! In Spagna invece, è possibile ammirare in numerose piazze, pomposi  monumenti equestri dedicati ai due "eroi" iberici, Cortes e Pizarro, che le cronache dell'epoca invece dipingono come due criminali sanguinari e avidi predatori, che, al soldo della corona spagnola, hanno contribuito letteralmente a cancellare importanti e secolari civiltà in Sud America, con uno spargimento di sangue che non riusciamo neanche ad immaginare, anche col beneplacito del clero, e con la conseguente riduzione a colonia di Stati che ancora oggi stanno pagando il prezzo della loro sciagurata storia!                                              

In Italia, il caso più “eclatante” si sta rivelando la storia che narra gli avvenimenti del risorgimento: alla luce di più attente ed approfondite ricerche, e a seguito di una clamorosa richiesta di alcuni consiglieri regionali pugliesi del Movimento 5 Stelle, di istituire una giornata della memoria per le vittime meridionali del risorgimento, si sono accesi i riflettori sulle vicende post unitarie relative al Mezzogiorno d'Italia. Lentamente e con estrema difficoltà si sta scoprendo una storia molto manipolata, disseminata di luoghi comuni, di omissioni e di inesattezze, e, cosa gravissima e degna delle peggiori dittature, il tentativo di cancellazione di un periodo storico, che nel bene o nel male, ci appartiene! Numerosi episodi risultano essere poco chiari, con evidenti incongruenze, dalle quali scaturiscono molte domande, alcune di una logica disarmante, ma che il più delle volte non ricevono risposta!  Non tutti sanno che negli anni immediatamente successivi all’unificazione della Penisola, allo scopo di formare un pensiero "nazionale", vennero dati alle stampe decine di ponderosi volumi e migliaia di documenti contenenti palesi imprecisioni, di maggiore o minore entità: alcuni ritocchi erano piuttosto superficiali, altri invece riguardavano l'occultamento sistematico di tutto ciò che aveva rappresentato il Regno delle Due Sicilie e chi lo ha governato fino al 1861. 
la conquista del Sud ha avuto un prezzo molto salato: quasi 800 mila vittime tra i cittadini meridionali, spesso stragi gratuite di civili inermi, con condanne a morte senza processo e con una legge marziale che non ha risparmiato nessuno. A questo è seguita una guerra di liberazione da parte di volontari ed ex soldati dell'esercito borbonico. Solo che la storia li ha appellati come sanguinari briganti, mentre in realtà erano veri e propri partigiani, come quelli della Seconda Guerra Mondiale. Ma, come detto in precedenza, spesso la Storia è una questione linguistica e di pensiero dominante!!!
Gli storiografi ufficiali, il cui «posto di lavoro» dipendeva dalla protezione offerta loro dal governo sabaudo, quegli stessi storici di regime, definiti da Antonio Gramsci «scrittori salariati», hanno soprattutto fatto a gara nel partorire, con atteggiamento manicheo, la teoria che la "ragione" era da una parte, con i Garibaldi, i Mazzini, i Cavour, i Vittorio Emanuele II ( tra l'altro un’accozzaglia indefinita di ideologie, divisa fra monarchici, repubblicani, anarchici), mentre il "torto" era dalla parte dei vinti, degli sconfitti e i derelitti, quelli da civilizzare, in parole povere i meridionali. Infangare la memoria dei Borbone e di tutto il Regno fu, per i nuovi padroni savoiardi, una vera e propria necessità, poiché dovevano giustificare in ogni modo un'operazione militare e di conquista, dubbia e assai poco trasparente. Inoltre, c'era l'urgente necessità di costruire, con una dose massiccia di retorica, un pensiero patriottico che doveva servire a tenere incollati i vari pezzi di penisola. Pertanto, solo accuse molto gravi a carico dei precedenti governanti avrebbero potuto fornire, agli occhi dell'Europa e dei nuovi parlamentari del tempo, un buon alibi ( per attaccare l’Iraq ci fu una martellante campagna di (dis) informazione, da parte di prestigiose testate giornalistiche occidentali, che paventavano scenari apocalittici sull’arsenale militare iracheno, informazione rivelatasi senza fondamento, ma intanto l'Iraq fu invaso e Saddam Hussein era stato già impiccato!). Il risultato di questa distorta informazione è stato quello che, anche a distanza di un secolo e mezzo, primeggiano convinzioni allegramente metabolizzate, secondo le quali è del tutto "normale" che il meridione sia meno sviluppato del nord, e non parliamo solo di superiorità economica! Ad alimentare queste differenze, inoltre, contribuirono notevolmente anche le strampalate teorie fisiognomiche del Lombroso, sui tratti anatomici dei meridionali, che secondo lo "studioso" erano corrispondenti a quelli tipici dei criminali!!! Alla luce di questo pensiero non c’è da meravigliarsi se ancora oggi sono ancora vivi determinati sentimenti discriminatori, che in molti casi sfociano nel razzismo vero e proprio, verso le persone e tutto ciò che è meridionale. 
La storia del cosiddetto risorgimento non è una vicenda storica come le altre poiché in più di 160 anni ha in gran parte determinato quelli che sono gli attuali equilibri, i modi di intendere e di percepirci tra noi “italiani”. Essa ha “formato” un pensiero, una mentalità, una classe politica che ha deciso e sta decidendo delle sorti dell’Italia. Ciò che oggi è necessario prevalga è, innanzitutto, l’onestà intellettuale. Si chiamino, quindi, le cose con i loro veri nomi: una strage è una strage, un assassino è un assassino, un ladro è un ladro, una conquista di un altra nazione ha soprattutto motivazioni economiche, di interessi militari e non per esportare i valori della democrazia e della fratellanza o perché non ci piace vedere il popolo che soffre!!! E, nell’assoluto rispetto della verità, l’attività di ricerca e di divulgazione storica deve avvalersi di inconfutabili testimonianze coeve e di inoppugnabili documenti d’archivio, che attestino in maniera inequivocabile la certezza e la veridicità degli accadimenti.
Non è accettabile che, ancora oggi, l’Italia viva profonde divisioni, o che esista una enorme differenza sociale ed economica tra nord e sud del paese, anche se, come è plausibile, questa può essere una situazione di comodo per la classe politica e burocratica, che si “serve” delle criticità che attanagliano il Sud per conservare la loro posizione di privilegio, proponendosi ad ogni tornata elettorale come i potenziali risolutori di tutti i problemi!
Ma anche una situazione di comodo per l'economia del nord, che trova poca concorrenza da parte delle imprese delle regioni meridionali, anzi ne fà un fertile e vantaggioso mercato in cui smerciare i propri prodotti e i propri servizi!!!
E, nel concludere, è utile rammentare agli storici e agli attenti lettori la severa ammonizione di Bertold Brecht: «Chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente!».





la "brigantessa" Michelina De Cesare

venerdì 3 ottobre 2014

FLAMENCO E MUSICA BAROCCA

Le suggestioni inaspettate
Spesso il motivo che decreta il successo o il fallimento di un determinato evento è dettato dall’aspettativa che si va a riporre su di esso. In alcuni casi, laddove ci si aspetta uno scarso riscontro, si va a scoprire invece, durante o dopo lo svolgimento della  manifestazione, che  si era visto sorprendentemente giusto. Credo sia proprio quello che è accaduto a due serate “speciali”, organizzate in due contesti diversi e rivolte a un pubblico attento a determinate espressioni artistiche. La scarna estate ortese, con grande sorpresa, è stata capace di ritagliarsi due momenti unici, dalle mille suggestioni, per chi è stato capace di coglierle. Nella tarda serata di giovedì 24 Giugno, con lo sfondo le bianche pareti del Palazzo Gesuitico, si è tenuta la splendida esibizione del  Flamenco Quartet, composto dai musicisti Antonio Auciello, ai sassofoni, Armando Bertozzi, alle percussioni, Riccardo Ascani, alle chitarre e dalla ballerina spagnola Reina Lopez: si tratta di artisti tra i più apprezzati nel mondo flamenco/ jazz e protagonisti di numerose collaborazioni con star di fama mondiale. L’evento, organizzato dall’associazione di studi storici “I 5 Reali Siti”, non nuova ad apprezzati exploit culturali, ha visto l’esibizione del trio dei suonatori all’interno del progetto sperimentale Flamenco Etno Jazz, le cui inedite sonorità, caratterizzate da  inventiva, sentimento e lirismo, hanno avuto il pieno apprezzamento dalla più attenta critica internazionale.  Le note hanno accompagnato i passi sinuosi, romantici e decisi della ballerina Reina Lopez, fondatrice e docente dell’associazione culturale Arte Encuentro Flamenco. Era inevitabile che questo piccolo ensemble musicale potesse essere capace di trascinare l’ascoltatore in un’atmosfera  creata dai formidabili passi della danza andalusa,  avvolti da sonorità spagnole e arabeggianti, grazie all’espressività del suono del sax,  sostenuto dai colori della chitarra e incalzato dalle progressioni percussive del cajón.
Il secondo evento si va ad inserire nell’ambito del festival Notti Sacre, interessante ed ambizioso progetto che si pone l’obiettivo di coinvolgere le Diocesi pugliesi nel programma culturale che ha caratterizzato in questi anni la cultura sacra a Bari, al fine stimolare l’attenzione alla cultura sacra, in collaborazione con il Progetto Culturale della CEI. Questo progetto, promosso dall’Arcidiocesi di Bari, si prefigge di istituire nelle più importanti Diocesi della Puglia, nuovi festival di arte sacra, sotto il nome di Notti Sacre,  in modo da poter costituire una rete di “festival Notti Sacre” di Puglia, nella quale le diocesi coinvolte possano sviluppare l’idea di produzioni artistiche legate al sacro, per diffondere la stessa cultura e avvicinare il pubblico alla tradizione sacra,  sia storica che contemporanea. Si vogliono così promuovere molteplici linguaggi artistici: musica sacra, pittura e scultura sacra, fotografia, scritture e poesia su tema sacro, oltre ad incontri e dibattiti con scrittori, intellettuali, musicisti, artisti, personaggi dello spettacolo e dell’arte, a confronto col sacro,  a riferimenti della vita ecclesiale, veglie notturne di preghiera, incontri di meditazione e approfondimento di alcune tematiche e quant’altro possa stimolare e attrarre attenzione verso il mondo della cultura sacra. Il progetto intende, altresì, puntare al recupero e alla valorizzazione di artisti, compositori storici e contemporanei pugliesi, alla conoscenza e diffusione del territorio nel patrimonio della tradizione. Particolare attenzione sarà posta verso le location significative delle rispettive diocesi, in relazione allo sviluppo turistico del territorio e alla salvaguardia delle tradizioni popolari, rituali e liturgiche locali. In questo grande progetto regionale si è venuta ad inserire la tappa conclusiva del Festival, con il concerto tenutosi la sera del 13 settembre, nella Chiesa Madre  B.M.V. Addolorata di Orta Nova, ad opera dell’Associazione Polifonica Florilegium Vocis, con il tema di musiche barocche dal titolo  VOX MIRABILIS – IL SACRO BAROCCO ITALIANO, rassegna di autori barocchi in un contesto di musica sacra.
Il Florilegium Vocis è un ensemble vocale, formato da voci soprano, tenori, alti e bassi, accompagnato dall’ensemble della Cappella di Santa Teresa dei Maschi, gruppo musicale contraddistinto, oltre che dalla padronanza dell’uso, anche dalla fattezza degli strumenti, che sono copie fedeli degli strumenti originali barocchi. L’eccellente direzione del Maestro Sabino Manzo, che ha accompagnato al cembalo le esecuzioni dei brani, ha contribuito a rivestire le pareti e i soffitti della Chiesa Madre di suoni sublimi e canti dalle atmosfere “gotiche”, con  le immortali note, creazione della fede e dell’intelletto umano.

 

sabato 20 settembre 2014

ROCK PROGRESSIVE

Una delle vette più elevate raggiunte dalla musica popolare e dal rock n’roll in particolare è stata la favolosa stagione del rock progressivo, a cavallo fra gli anni sessanta e settanta. Il genere è una evoluzione del rock psichedelico britannico degli anni sessanta e ha avuto la sua massima evoluzione nel decennio successivo, con la diffusione in tutta l’Europa, anche se, come vedremo, i paesi che ne hanno saputo meglio interpretare le istanze più complesse sono stati l’Inghilterra e l’Italia.  La crescita e l’evoluzione del rock progressivo si manifestò rispondendo all'esigenza di dare alla musica rock maggiore spessore culturale e credibilità. Nella fattispecie si assiste a un tentativo di progressione del rock dalle sue radici blues, di matrice americana, a un livello superiore di complessità e varietà compositiva e stilistica. In effetti alla base del progressive c’è il rifiuto programmatico della consueta "forma canzone" e della riduzione delle forme espressive del rock nell'ambito della rigidità strutturale del ritornello come fulcro dell'invenzione musicale.
Il rock viene quasi smembrato, rivisitato e si assiste a un distaccamento dalla struttura musicale popolare, in favore di strumentazioni e tecniche compositive associate alla musica classica e al jazz. In virtù di questo molti brani divennero quasi suite musicali, la cui durata si amplia notevolmente, in alcuni casi anche per più di venti minuti. Era frequente avvertire nell’esecuzione influenze sinfoniche, temi musicali estesi, ambientazioni e liriche fantasy e complesse orchestrazioni con il massiccio utilizzo di cambi di tempo nella ritmica, spesso con tempi dispari.
Il rock progressivo conobbe il suo picco di popolarità nella prima metà degli anni settanta, con l'affermazione, anche commerciale, di gruppi quali Procol Harum, Pink Floyd, Jethro Tull, Yes, King Crimson, Genesis ed Emerson, Lake & Palmer, tra i più noti e influenti del genere. Vi fu poi una folta schiera di gruppi che, pur non raggiungendo la stessa  popolarità, furono ugualmente importanti nella diffusione del progressive. Ma succedeva anche che, artisti non propriamente legati al progressive avessero nella loro produzione musicale elementi tali da far risalire l’attento ascoltatore immediatamente alle influenze prog, vedi Led Zeppelin. Come di frequente accade, nel passaggio da un’epoca all’altra, la sua “onda lunga” si è riversata nei decenni successivi, in cui, dal seme primigenio degli anni ’70, sono venuti germogliare  generi come il neo-classical metal ed il progressive metal, mentre una sorta di revival del prog, anche noto come new progressive, si è diffuso negli anni 2000. Le caratteristiche più evidenti proprie del prog sono innanzitutto la particolare attenzione agli arrangiamenti, con la creazione di complessi intrecci strumentali, abbondanza di assoli, ampio spazio alle parti strumentali e prive di cantato, passaggi che richiedono un'elevata tecnica musicale. Dopo decenni di corsa alla modernizzazione e di uso di strumenti “elettrici”, con l’avvento del rock progressivo c’è la riscoperta degli strumenti classici (pianoforte, archi e fiati), etnici (sitar), affiancati da quelli elettrici e elettronici (organo Hammond, Mellotron e sintetizzatori), in aggiunta e talvolta in sostituzione alla classica combinazione rock, chitarra e basso elettrici - batteria. Gran parte delle band progressive ha avuto una particolare predilezione per brani piuttosto ampi, di durata superiore ai canonici tre/quattro minuti di gran parte della musica popolare. Tra questi vanno evidenziate le suite, ovvero pezzi composti da una successione di temi musicali più o meno distinti, dal sapore solitamente epico. In piena epoca vinile capitava che queste soluzioni arrivassero a occupare l’intera durata della facciata di un 33 giri !



GENESIS

PROCOL HARUM

 Tastiere e sintetizzatori
Il mondo della musica ha sempre avuto un filo diretto con i nuovi ritrovati della tecnologia: non è dato sapere se le tastiere hanno contribuito alla nascita del prog o è stato il prog a facilitare la diffusione delle tastiere! Sta di fatto che l'utilizzo massiccio di questi strumenti (in particolare l'organo Hammond), diventa il tratto distintivo di moltissimi gruppi. Anche la diffusione di componenti elettronici innovativi, sconosciuti alla maggior parte dei gruppi degli anni '60, seppur usati saltuariamente dai Beatles, come il sintetizzatore, il moog ed il mellotron, è una peculiarità del genere. Gli appassionati più attenti avranno senz’altro notato la mole di tastiere e sintetizzatori di vario genere di cui si circondavano nei loro concerti diverse band o solisti (vedi Keith Emerson) a riprova della continua ricerca sonora di questi artisti, che si sviluppava anche verso le nuove frontiere dell'elettronica. Ad esempio sono celebri i tappeti di organo e tastiere di Richard Wright, tastierista dei Pink Floyd, su cui si sviluppavano gli assoli di chitarra di David Gilmour. L'uso del mellotron, molto diffuso nel genere prog, rendeva possibili tessuti sinfonici, sui quali i virtuosi musicisti dell’epoca hanno “decorato” pagine indimenticabili di capolavori musicali.
Testi articolati
Un'altra innovazione introdotta dal progressive fu la stesura di testi, caratterizzati da determinati richiami a figure e opere letterarie o teatrali, a fatti storici, a volte con testi ermetici di difficile comprensione, quasi mai politicizzati. La prosa è molto curata, ricca di figure retoriche e riferimenti alla fantascienza, al fantasy, alla mitologia e alla religione. Inoltre non mancano casi di testi filosofici e psicologici, come quelli creati da Roger Waters dei Pink Floyd o degli italiani Area, spesso ricchi di contenuti duri nei confronti della politica e della società. Ma sono eccezioni.  In generale, il progressive svincola la musica dal contesto sociale e politico; esso  non riflette il reale ma al limite lo stempera nel fantastico, non porta messaggi sottotraccia ma solo estetismo fine a se stesso, puro, incontaminato, cristallino.


PINK FLOYD

IL ROCK PROGRESSIVE ITALIANO

L’Italia vantava nel corso degli anni settanta una interessante diffusione del rock progressive, che a livello continentale era seconda solo a quella inglese. Si può sicuramente dire che, insieme al fenomeno cantautorale, si è trattato di una delle più importanti stagioni della musica leggera italiana, che ha riscosso successo e considerazione anche oltre i confini nazionali. Infatti, recentemente, il filone del rock progressive italiano, definito anche spaghetti prog, ha avuto una riscoperta e la conferma della sua influenza su diversi artisti inglesi e americani. Quel periodo ha visto la nascita di numerosi gruppi che hanno infoltito la schiera di un movimento spesso variegato ed eterogeneo, con una autentica e originale identità. Premiata Forneria Marconi, Banco del Mutuo Soccorso, Acqua Fragile, Osanna, Orme, Area, New Trolls, tra le più popolari. Ma di fianco a queste formazioni hanno operato decine di altre band, a formare una fitta rete di realtà musicali e creative. Comune denominatore di quasi tutti i gruppi prog italiani è quello di una sopraffina tecnica strumentale, della ricerca e sperimentazione e dell’utilizzo di strumenti musicali fino ad allora distanti tra di loro. In effetti il rock progressive italiano è stato prevalentemente di stampo sinfonico/romantico, influenzato dalla scuola inglese (King Crimson, Genesis, Emerson, Lake & Palmer). Inoltre, non sono mancate formazioni ispirate al Canterbury Sound (Picchio dal Pozzo), e all’hard prog (Rovescio della Medaglia, Balletto di Bronzo). Le sonorità prevalenti erano quelle che privilegiavano i ricchi intrecci di tastiere e contaminazioni con la musica classica, uniti a un cantato che si rifaceva alla tradizione italiana e al beat.

Fra le numerose band che si sono costituite, a testimonianza delle molteplici sfaccettature che il rock progressive offriva, non tutte ebbero lunga durata e il successo sperato, anzi molte di loro si sciolsero dopo la prima ed unica pubblicazione di un disco: Buon Vecchio Charlie, Locanda delle Fate, Campo di Marte, Maxophone, Alphataurus. Un caso unico rimane quello dei Giganti, gruppo beat degli anni sessanta, che dieci anni dopo si ripropose con una rimaneggiata formazione, in veste progressive, che con l’album Terra in bocca – poesia di un delitto, opera la denuncia sulla gestione e la distribuzione dell’acqua da parte della mafia, in una Sicilia allora molto carente. Il brano venne proposto una volta sola in radio e quasi subito censurato per il tema trattato. Fu la fine della band, che si sciolse poco dopo, ma il tempo del riscatto e della riabilitazione arrivò nel 2011: vince il premio Paolo Borsellino per le tematiche trattate quasi 40 anni prima, e proprio con la suddetta opera, iniziò la riproposizione live dell’intero album, in occasione di convegni e manifestazioni per la legalità. Il segno dei tempi!!!



Tra le altre formazioni più note del mondo progressive italiano, oltre a quelle già citate, troviamo i Goblin, Quella Vecchia Locanda, Biglietto per l’inferno, Trip, Celeste, Ibis, Museo Rosenbach, Metamorfosi, Osanna, De De Lind. Come spesso accade, con qualsiasi genere musicale, diversi artisti e autori di casa nostra hanno avuto delle influenze o comunque dei contatti con la musica prog, a cominciare da Claudio Rocchi, Alan Sorrenti, Angelo Branduardi, un giovanissimo Franco Battiato, con la produzione di musiche sperimentali e di ricerca. L’album Anima Latina del 1974, di Lucio Battisti risente fortemente della struttura e delle modalità espressive tipiche del prog, disco che costituirà una vera fonte di ispirazione per i gruppi indie dei decenni a venire. Dalla critica è considerato uno dei migliori album della musica italiana di sempre e un vero capolavoro della nutrita discografia dell’artista.

Altro caso curioso e singolare è la fruttuosa influenza che il prog ha avuto sui Pooh, notoriamente gruppo musicale prevalentemente melodico. A partire dall’album Parsifal, del 1973, e fino agli inizi degli anni ottanta, i quattro, nella produzione dei loro dischi, hanno dato sempre spazio a singole composizioni che risentono degli echi progressive a loro tanto cari.

Anche il Italia, così come in Inghilterra, il prog concluse la sua popolarità verso la fine degli anni settanta, scavalcato da altri generi musicali, proprio quando il punk stava esprimendo la propria forza di rottura. In anni recenti si è assistito alla sua riscoperta, nella sua veste di new progressive e riportato in auge da artisti come Aton’s, Nuova Era, Ezra Winston, Finisterre, Mary Newsletter, il Castello di Atlante, Notturno Concertante, Hostsonaten. Inoltre il web ha dato un grande apporto nel raggruppare appassionati, collezionisti e tanti utenti curiosi di scoprire un mondo davvero complesso e affascinante.



I FATTORI CHE DIEDERO IL DECISIVO SLANCIO ALLA DIFFUSIONE DEL ROCK PROGRESSIVE IN ITALIA SONO STATI FONDAMENTALMENTE DUE: LE ETICHETTE DISCOGRAFICHE E I RADUNI ROCK.

 

ETICHETTE

Con l’affermarsi sempre più del rock progressive, in Italia nacquero innumerevoli etichette di supporto, più o meno specializzate. Mentre sul mercato inglese era già molto affermata la Manticore, per iniziativa degli artisti Keith Emerson e soci, in Italia c’erano state in precedenza le isolate esperienze del Clan di Celentano e della PDU di Mina. Nel 1969 Mogol e Battisti fondarono la Numero Uno, che in breve raccolse intorno a sé la schiera di autori e musicisti che già collaboravano con i due, a cominciare dalla Formula3 e dalla neonata formazione della Premiata Forneria Marconi. Negli anni a venire saranno pubblicati tra gli altri i dischi di Acqua Fragile, Anonima Sound, Flora Fauna Cemento, Alberto Radius, Volo, Oscar Prudente. Nel 1970, sempre a Milano, nacque l’etichetta Bla Bla, del discografico Pino Massara. L’etichetta mise sotto contratto un giovane Franco Battiato e il giro dei suoi musicisti di riferimento. Con la stessa etichetta furono pubblicati gli album di Aktuala, Osage Tribe, Genco Puro & Co., Juri Camisasca, Capsicum Red (con un giovane Red Canzian al basso). Gli autori Sergio Albergoni e Gianni Sassi, con il supporto del promoter Franco Mamone, nel 1972 fondarono la Cramps: questa nuova etichetta si proponeva di sostenere la folta pattuglia di musicisti alternativi dell’area milanese, principalmente di scuola jazz-rock, che seguivano anche una linea di impegno politico e sociale. Area, Arti e Mestieri, Eugenio Finardi, Electric Frankestein, Lucio Fabbri, Donella Del Monaco, Fedrigotti & Lorenzini.

Nel 1973, per iniziativa di Vittorio De Scalzi dei New Trolls nacque la Magma, con lo scopo di supportare i giovani musicisti progressive dell’area ligure. Tra i nomi prodotti si annoverano formazioni interessanti come Alphataurus, Pholas Dactylus, Latte e Miele. A sua volta, una sua sottoetichetta, la Grog, investì sulle ultime leve del progressive anni settanta, tra le quali Celeste, Mandillo, Corte dei Miracoli e Picchio dal Pozzo. Di rilievo fu anche la produzione della Trident, etichetta fondata nel 1973 dal produttore Angelo Carrara, che ebbe in catalogo artisti come The Trip, Biglietto per l’Inferno, Dedalus, Opus Avantra, Semiramis. Meritano senz’altro una citazione l’Ultima Spiaggia, di Ricky Gianco e Nanni Ricordi, la Intingo, sempre di Gianco, L’Orchestra e la IT di Vincenzo Micocci.

Il denominatore comune di queste etichette fu l’enorme passione per la musica, la voglia di scoprire nuove realtà e nuovi linguaggi musicali, una buone dose di sana incoscienza per gli investimenti economici e la scommessa che si andava a fare su persone e artisti di talento, ma semi sconosciuti. Un esempio e un monito per le multinazionali del disco, che ai giorni nostri, lontani anni luce da quella realtà, pensano ai facili e sicuri profitti, con l’occhio sempre ai bilanci e meno all’aspetto artistico e musicale, prese come sono dal proporre musica preconfezionata, di facile somministrazione, spesso affidata ad “artisti” di dubbia qualità, per un pubblico sempre più distratto e incompetente!

 

RADUNI ROCK

All’inizio cerano Monterey, Woodstock e l’isola di Wight. E qualcuno si chiese perché non organizzare qualcosa del genere anche in Italia, dove la musica giovanile non ha mai avuto degli spazi adeguati. Detto, fatto.

Il Pop Festival vede la luce ufficialmente con il Festival di Caracalla, nel 1970, grazie all’opera e alla disponibilità di Pino Tuccimei, Giovanni Cipriani e del compianto Eddie Ponti, veri pionieri del prog made in Italy. Secondo le cronache dell’epoca l’entusiasmo è alle stelle, e l’evento costituisce una ghiotta occasione per molti incontri/confronti di musicisti e autori, embrione di future collaborazioni o di formazione di nuove band. E’ il periodo in cui su tutto il territorio nazionale nascono come funghi rassegne e festival vari, ma l’apice si è raggiunto in due occasioni particolari: il raduno di Villa Pamphili di Roma e il Festival della Musica di Avanguardia e Nuove Tendenze di Viareggio. Nella seconda metà degli anni settanta, seguendo il destino del rock progressive, questo tipo di eventi divenne sempre più raro, fino alla loro scomparsa definitiva. L’ultimo raduno, il più triste, è stato quello tenutosi all’Arena Civica di Milano, il 14 giugno del 1979: organizzato per una grande raccolta fondi per sostenere le costose cure mediche a cui Demetrio Stratos si doveva sottoporre in America, per curarsi dalla leucemia, si trasformò nell’addio doloroso alla più grande voce della musica popolare italiana ed europea e un mesto e simbolico congedo dal meraviglioso utopico sogno degli anni settanta.



PER COMODITA’ HO SUDDIVISO I NUMEROSI RADUNI PER AREA GEOGRAFICA, CITANDO SOLO QUELLI CHE HANNO LASCIATO UN SEGNO INDELEBILE E HANNO PRODOTTO PIU’ INFLUENZE PER IL ROCK ITALIANO DEGLI ANNI A VENIRE.

 

CENTRO ITALIA

 

I° Festival pop di Caracalla (Roma, 10-11 ottobre 1970)

Evento storico nato grazie alla volontà di tre personaggi, che avrebbero avuto un ruolo importante nei successivi raduni capitolini: Pino Tuccimei (direttore artistico), Giovanni Cipriani (organizzatore) ed Eddie Ponti (PR e conduttore delle due serate). Stralci di rari filmati del raduno compaiono nel film Terzo Canale - Avventura a Montecarlo dei Trip. Fra i partecipanti al Festival ricordiamo New Trolls, Primitives, Sopworth Camel, Pooh, Four Kents e le Esperienze, con un giovanissimo Francesco Di Giacomo alla voce.

 

II° Festival pop di Caracalla (Roma, 6-7 maggio 1971)

Preceduto da due serate al Kilt Club, organizzate dalla rivista Ciao 2001, il secondo Festival di Caracalla riconfermò alcuni gruppi dell’anno precedente, oltre a Panna Fredda, Fiori di Campo, il Ritratto di Dorian Gray, il Punto, Free Love, ma furono i napoletani Osanna a lasciare il segno, con una performance musicale e teatrale, oltre ad esibire eccentrici travestimenti ispirati agli indiani metropolitani.

 

Controcanzonissima

Nel 1971 la rivista settimanale Ciao 2001 indisse una sorta di referendum tra i suoi lettori, per segnalare quali fossero i più influenti e popolari musicisti italiani del periodo. Tra i nomi suffragati ci furono Trip, Delirium, Osanna, New Trolls, Orme, PFM, e come solisti Claudio Rocchi e Francesco Guccini. Il 28 gennaio del 1972 le sei formazioni e i due cantautori si esibirono in una maratona musicale di nove ore al Piper Club. Visto il grande riscontro ottenuto, l’anno successivo le serate diventano due: 14 febbraio 1973 (Balletto di Bronzo, Reale Accademia di Musica, Quella Vecchia Locanda, Rovescio della Medaglia, Osanna); 15 febbraio 1973 (PFM, Garybaldi, Banco del Mutuo Soccorso, Trip, Circus 2000).

                           Villa Pamphili – Roma 1972

Il trionfo !!! Il più celebre raduno rock della storia musicale italiana e uno dei più memorabili dell’intera storia del rock. Secondo l’inviato del Messaggero, Fabrizio Zampa, furono almeno centomila i giovani spettatori che riempirono la verde vallata del parco romano, tra il 25 e il 27 maggio. La scaletta era davvero imperdibile. Non mancavano i grossi nomi del prog italiano (Banco del Mutuo Soccorso, Osanna, Trip, Garybaldi), numerose formazioni della scena romana (Quella Vecchia Locanda, Fholks, il Punto, RRR, Blue Morning, Cammello Buck, Semiramis, con un imberbe ed esordiente Michele Zarrillo alla chitarra). Inoltre ci fu uno spazio per gli autorevoli ospiti stranieri: Van Deer Graf Generator, Hawkwind, Hookfoot, il tutto al prezzo politico di lire trecento (a parziale rimborso delle spese di organizzazione)! Simbolo di quei giorni il pacifista “carrarmato floreale” dei Trip, parcheggiato sul prato.

Più sottotono l’edizione del 1974, ospiti il Volo, Perigeo, Albero Motore, Stradaaperta, Quella Vecchia Locanda, Kaleidon. Tra gli ospiti stranieri Soft Machine e Stomu Yamash’ta. Nel Lazio sono da segnalare altri raduni minori, come quello di Nettuno del 1973 (Osanna, Saint Just, Toto Torquati) e di Carpineto Romano del 1974.

 

 

 I° Festival della Musica di Avanguardia e Nuove Tendenze

(Viareggio, 27 maggio / 2 giugno 1971)

Organizzato da Massimo Bernardi, promoter del Titan Club di Roma e manager del tour italiano di Jimi Hendrix, i concerti si tennero in una pineta della Riviera della Versilia di Viareggio, con tanto di tendopoli adiacente, definita Pop City. Si trattava di una sorta di gara ad eliminazione e ai vincitori era riservato un contratto discografico. Tra le esibizioni Rovescio della Medaglia, Alluminogeni, Latte e Miele, Flea On The Honey, Delirium. Vinsero il contratto gli Osanna, Mia Martini e la PFM, che per l’occasione presentò la versione integrale della Carrozza di Hans, lunga quasi dieci minuti. Dietro le quinte, poco prima della premiazione, accadde un curioso incidente: il sospetto di un presunto accordo sottobanco, tra i giornalisti giurati e i discografici fece infuriare il tastierista Joe Vescovi, che urlò nel microfono <sono un hippy come voi e vi dico che siete stati ingannati da questi sporchi capitalisti>, scatenando il caos generale. Lo spirito degli anni settanta si era condensato anche in questo episodio !!!

 

II° Festival della Musica di Avanguardia e Nuove Tendenze

(Roma, giugno 1972)

Svoltosi nella capitale, allo stadio del tennis del Foro Italico, venne presentato da Teo Teocoli e Penny Brown, entrambi nel cast del seguitissimo musical Hair, versione italiana. In scaletta Osanna, Banco del Mutuo Soccorso, Jumbo, Balletto di Bronzo, Rocky’s Filj, Stormy Six, Alan Sorrenti.

Nelle Marche vanno ricordate due edizioni del Festival di Gualdo, nel maceratese, successivamente spostato a Civitanova Marche. Tra gli altri suonarono nell’edizione del 1972 gli Osanna, Formula3, Orme, Teoremi, Fholks.


 

 

NORD ITALIA

Re Nudo Pop Festival

Tra le più originali rassegne del periodo prog si segnalano i free-festival di Re Nudo, nati per volontà dell’omonima rivista diretta da Andrea e Marina Valcarenghi. Il mix di musica e politica esordì nel settembre 1971 sul prato di Ballabio, vicino Lecco. Raggiungibile solo dopo un lungo cammino, contro ogni previsione, giunsero sul posto oltre diecimila persone. Ospiti d’eccezione Claudio Rocchi e i Garybaldi. L’edizione del 1972 (sottotitolo due giorni di comunismo) si svolse a Zerbo, nel pavese, lungo le rive del Ticino. Dopo si spostò ancora, alle Alpi del Vicerè, nei pressi di Erba (nel cast Franco Battiato, Dedalus, Claudio Fucci, Yu Kung). In questa occasione l’amministrazione comunale negò gli allacci dell’energia elettrica. A partire dal 1974, e per altre tre edizioni, la rassegna si svolse al Parco Lambro di Milano, con la denominazione di Festival del Proletariato Giovanile. L’evento, oramai politicizzato, ebbe il sostegno del Partito Radicale e di Lotta Continua. In queste occasioni si ricordano i live degli Area (gruppo preferito dai lettori di Re Nudo), di Eugenio Finardi e Alberto Camerini, entrambi già componenti della band il Pacco. Degno di nota il Davoli Pop di Reggio Emilia, che esordisce nel 1972 con diverse formazioni dell’area ligure (Delirium, New Trolls, Latte e Miele, Sistema). L’edizione del 1973 vide la partecipazione del Banco del Mutuo Soccorso, Balletto di Bronzo, Alphataurus, New Trolls, Atomic System, De De Lind.

 

 

SUD ITALIA

 

Palermo Pop

Definito sul cartellone “Sicilian Folk Rock Jazz Festival” venne organizzato dal promoter italo-americano Joe Napoli in tre edizioni, dal 1970 al 1972. Proprio nell’edizione ’72 in scaletta ci furono i Cervello di Corrado Rustici, Raccomandata Ricevuta di Ritorno e i Maya, il cui singolo Salomon (scritto da Giorgio D’Adamo dei New Trolls) in quei giorni divenne un vero e proprio inno. Purtroppo una violenta contestazione, durante l’esibizione dei Mungo Jerry, turbò l’intera manifestazione.

 

Be-In

(Napoli, 19-20-21 giugno 1973)

L’unica edizione di questa memorabile kermesse, organizzata per volere della formazione degli Osanna, si svolse al Villaggio Kennedy dei Camaldoli, a Napoli. Trentasei ore di musica con il meglio della scena partenopea del periodo, oltre a Biglietto per L’Inferno, Pholas Dactylus, Era D’Acquario, Living Music, Tito Schipa jr., Battiato Pollution. Memorabile la jam-session guidata da Elio D’Anna al sax (the Showman e Osanna) e dalla violinista Tony Marcus (Alan Sorrenti), con Franco Battiato e gli inglesi Atomic Rooster. Nel 2001 Lino Vairetti ha organizzato al Teatro Mediterraneo di Napoli la presentazione del nuovo disco Taka Boom degli Osanna, un vero excursus in un passato oramai lontano, fatto di sonorità progressive e di collaborazioni interessanti, tra le quali quella con Enzo Avitabile. Per l’occasione furono invitati diversi protagonisti della storia del prog italiano, in una rimpatriata dal sapore vagamente nostalgico, fatto di ricordi e di una storia necessariamente da raccontare.

 

 

 

 

 

 

 

 



domenica 13 luglio 2014

Il tramonto di Sant’Antonio



La tentazione di Sant'Antonio - DOMENICO MORELLI


 - QUESTO E' UN ARTICOLO PUBBLICATO QUASI DIECI ANNI FA, NEL LONTANO 2014, MA CHE RISUONA MALEDETTAMENTE ATTUALE, SENZA CHE IN QUESTI ANNI, TRANNE QUALCHE PARENTESI, SI SIA PENSATO A DARE UNA "RINFRESCATA" ALLA PARTE RICREATIVA DEI FESTEGGIAMENTI -

La natura sacra della ricorrenza della festa patronale di Orta Nova, evento che viene vissuto sempre con grande partecipazione e coinvolgimento emotivo e spirituale, è un punto fermo della storia culturale e religiosa della nostra città. Negli ultimi anni stanno emergendo molte carenze nel momento in cui si deve redigere il cartellone degli eventi ricreativi, che, come tradizione vuole, sono andati sempre di pari passo con quelli liturgici. Accompagnata da fortune alterne, la scelta dell'ospite canoro di "prestigio" sta rimanendo come la sola occasione di trascorrere due ore di spensieratezza ed allegria. Oramai si sta consolidando come "prassi" la convinzione che la Festa non è più quella di una volta e sempre più frequentemente, durante i giorni dei  Festeggiamenti, si assiste a una piazza Pietro Nenni, fulcro principale della ricorrenza, malinconicamente vuota, a vantaggio del luna park, dove i giovanissimi si riversano in massa, in quanto la “piazza” non offre nulla di interessante. È evidente che il comitato organizzatore, con l'alibi del budget insufficiente, è a corto di idee e di iniziative alternative. Così come è evidente la “stanchezza” di molti suoi componenti, la loro incapacità di mettersi al passo con i tempi per venire incontro alle crescenti esigenze culturali della città e dei suoi abitanti più giovani. Secondo il mio parere, oramai è necessario un ricambio generazionale, che permetta alle nuove forze la facoltà di prendere decisioni importanti per la riuscita della Festa, che aggiunga valore, cultura e dinamismo, nonché nuove soluzioni, che possano operare in piena autonomia, lontane da preconcetti e condizionamenti di qualsiasi genere. La competenza che il comitato deve possedere dovrà saper scindere quelli che sono gli "obblighi" religiosi dall'aspetto puramente ricreativo, in cui ognuno deve mantenere il proprio ruolo, senza invasioni di campo. Inoltre, credo sia diventato anacronistico pensare allo spettacolo in funzione esclusivamente musicale, ma bisognerebbe arricchire l'offerta con altri eventi paralleli, che spazino in vari settori del mondo culturale. Se non si riesce a dare una svolta, con dispiacere di molti ortesi, la Festa sarà destinata, negli anni, a morire dopo lenta e inesorabile agonia.

lunedì 7 luglio 2014

Lo sapevi…..


…che nella Parigi d’inizio ‘900 presero vita dei movimenti artistici di pura avanguardia, tanto da fare della capitale francese una delle città più importanti e vivaci d’Europa. Il mondo dell’arte visse un epoca di evoluzione e di ricerca tali che, in molti casi, i canoni classici venivano riletti e stravolti. In questo clima fertile e proficuo visse e operò il compositore classico Erik Satie, che dimorò nella ville lumière fino al 1925, anno della sua morte. Gli ambienti in cui si mosse il compositore erano quelli della élite avanguardistica che si divertiva a “smontare le forme canoniche dell’arte come vecchie sveglie fuori uso”. Il tavolo degli amici di Satie era composto da formidabili "dissacratori" quali Cocteau, Picasso, Picabia, Massine, Léger, Debussy, Fargue, Utrillo. In loro compagnia il compositore spesso si dilettava, seduto al pianoforte, a regalare gradevoli colonne sonore improvvisate. "Non date importanza alla mia musica, comportatevi come se non esistesse. Essa ha la sola pretesa di contribuire alla vita". È musique d’ameublement, musica da "arredamento", semplice da non ascoltare col “cervello tra le mani", perché, diceva Satie, "un artista non ha alcun diritto di disporre inutilmente del tempo del suo uditore" !

L’opera di Satie è stata periodicamente dimenticata e recuperata, anche se a conoscerne la produzione rimane una minoranza di persone. Le composizioni più “celebri” sono le Gymnopédies e le Gnossiennes, che insieme ad altre opere da lui create sono state saltuariamente oggetto di rari e ricercati eventi, come quelli tenutosi negli anni Ottanta, quali il Satie-Day di Milano e la Satie-Eté di Roma. In molti identificano l’opera di Satie come la genesi della moderna musica ambient e new age, la musica “d’arredamento”, distante e protettiva, che rinuncia alla propria identità a favore dell’identità di chi l’ascolta, e a lui si offre come pretesto di associazioni mentali. La musica d’ambiente, destinata a riempire il “vuoto” proprio di certi ambienti della vita moderna, quelli che l’antropologo Marc Augé definisce efficacemente come i “non luoghi”, ossia quei posti che la dinamica della nostra esistenza ci porta quotidianamente ad attraversare senza che ci sia possibile intrattenere con essi alcun rapporto di riconoscimento e di intimità. Aeroporti, stazioni ferroviarie, sale d'aspetto, supermercati, centri commerciali, in cui ciascuno di noi può sublimare il gusto dell’efficienza moderna e in cui si promuove anche la nostra rassicurante assenza di scelta. In questi non luoghi, secondo le nuove e recenti tendenze, la musica sta giocando un ruolo decisivo per rendere vivi questi spazi asettici, poiché ad essa spetta il compito di “ammobiliare” le fredde architetture, in cui ogni essere umano è destinato ad essere anonimo, trasformandoli in luoghi mentali.