mercoledì 27 giugno 2018

Vintage, la sposa che vive due volte...





Lo sapevi...
..... che il  9 maggio del 2013, nella splendida cornice dei bianchi corridoi del Palazzo ex Gesuitico di Orta Nova, si è svolto un défilé di abiti da sposa vintage, abiti che hanno ripercorso un arco di tempo che va dai primi anni ’50 ai più recenti anni ’90. Titolo dell’evento è stato Vintage, la sposa che vive due volte, con l’organizzazione e la regia di Pina Quiese. La storia di questa autentica “artigiana” della sartoria è emblematica e può costituire uno stimolo per quelle persone che hanno voglia di scoprire realtà semisconosciute nel sottobosco della nostra città, ma che esistono e vivono. La stilista e amica Pina è uno di quegli esempi in cui la passione per il proprio lavoro assurge a una dimensione immateriale, decisamente artistica e la sua manualità, unità a un senso di pura devozione, sono un patrimonio da scoprire e da ammirare.  Pina, con la sua attività presente e i suoi numerosi progetti futuri, si fa “portatrice sana” di quegli antichi mestieri che non costituivano solo semplici professioni, ma implicavano delle competenze particolari e delle abilità che definire artistiche era poco. Il numerosissimo pubblico presente ebbe modo di ammirare delle creazioni di alta sartoria artigianale, con preziose e particolari rifiniture e pregiatissimi tessuti che lasciavano intendere un mondo oramai scomparso, fatto di manualità, di estenuante lavoro di vecchi e pazienti sarti (con relativi collaboratori), ma anche di un gusto particolarmente raffinato, nonché di centinaia di ore di lavoro dedicate alla creazione di opere di così alto pregio. L’operazione di Pina è stata  principalmente storica e culturale, ma anche antropologica, tesa com’è stata a ripercorrere cinquanta anni di vita ortese, di trasformazioni, di conquiste e di successi, un mondo di cui oggi, nella frenesia e nell’omologazione della società contemporanea, si tende a perdere le tracce. I diversi abiti che sfilarono furono accompagnati dalle musiche dell’epoca di appartenenza, il tutto a creare una atmosfera davvero particolare, pregna di delicata nostalgia, che sicuramente ha richiamato tanti ricordi, ma anche di sorprendente entusiasmo, per l’interesse che, nel 2013, la storia di questi abiti suscitò. Era affascinante e intrigante intuire la provenienza, la vita, la famiglia e le vicende personali, di chi quegli abiti li ha indossati, tanti anni fa. I pizzi, le sete, i delicati voile, i taffetà, l’organza sono stati dei veri e propri libri di storia e di costume, che hanno narrato il passato di Orta Nova in maniera sincera e obiettiva.




domenica 3 giugno 2018

ORTA NOVA: HARLEM MUSIC CLUB

                              TRA SOGNO AMERICANO E SUGGESTIONI MEDITERRANEE
Prefazione di Giuseppe Scommegna
Diceva Duke Ellington: “Ci sono tante cose ad Harlem…scene di vita, di gente che fa all’amore, odore di cucina…si sente la radio...; un cortile di Harlem è come un altoparlante: vedete seccare la biancheria al sole, sentite abbaiare il cane del vicino, sentite l’odore del caffè…che cosa meravigliosa è quell’odore!  E un cortile mostra anche i contrasti: chi fa cuocere riso e chi un grosso cappone…”.  Certo, perché Harlem non è solo il nome di un quartiere di New York, bensì è stato lo scenario di un vero e proprio microcosmo dove, fra le mille contraddizioni sociali e le sofferenze del ghetto nero, si è sviluppato il dirompente epicentro di tutto il jazz americano. Harlem è stato il ritratto più autentico del linguaggio afro-americano, dell’aspirazione alla libertà espressiva e socio-politica, nonché il quartiere del Cotton Club, del Birdland e di altri mitici locali dove si esibivano frequentemente i più grandi nomi della storia del jazz.
Ma Harlem è anche “l’america” che tutti noi abbiamo sempre sognato ed immaginato e che due nostri concittadini, Rocco Di Cosmo e Gabriele Corvino, hanno avuto il coraggio di toccare con mano e di concretizzare attraverso l’apertura di un music club (l’Harlem, per l’appunto) che ha avuto tutte le caratteristiche dei grandi locali d’oltreoceano.  Punto di aggregazione per musicisti e appassionati di musica, luogo di scambio di idee e di nuove tendenze culturali, si presentava come uno dei pochi circoli stimolanti per la creatività di chiunque voleva esibirsi, grazie anche alla presenza di un palco e di strumenti musicali disponibili per tutti.
L’Harlem Club ha costituito una realtà decisamente innovativa per Orta Nova,  città a volte un po’amorfa ed incolore, adagiata nel perenne disinteresse e nell’apatia di molti suoi giovani cittadini!  Ed è per questo che dobbiamo sentirci in dovere, anche a distanza di anni, di ringraziare questi due ragazzi, Rocco e Gabriele, che ci piace immaginare come i leggendari personaggi di un celebre testo teatrale di Alessandro Baricco (Novecento), i quali sorretti dalle incantevoli note del pianista sull’oceano, avevano ”l’america negli occhi” e la piena consapevolezza che “…non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia da raccontare”.  E loro una storia da raccontare ce l’hanno avuta!  Tra i tanti locali aperti (e spesso poi chiusi) nella nostra città, l’esperienza dell’Harlem Club è stata unica, anche se qualche locale cittadino tenta di emularne lo spirito. L’idea del Club era magnifica, rivoluzionaria per il nostro ambiente, un vero luogo della mente, in cui immergersi lasciando fuori dalla porta quella che poteva essere la realtà quotidiana di ogni suo avventore. E proprio fra i suoi clienti, era forte il richiamo di gente che proveniva da fuori Orta Nova, che condivideva  lo stesso spirito e la stessa passione per la musica di molti ortesi. Così come numerosi sono stati gli ospiti musicali, persone capaci di comunicare con uno strumento tra le mani, così come per loro è facile parlare, mangiare o bere. Ma una serata resterà per sempre impressa negli occhi e nelle orecchie di chi è stato protagonista, tra quegli ottanta spettatori, la sera del 21 novembre 2009, quando l’angusto palco all’interno del locale è stato occupato dal chitarrista napoletano Antonio Onorato e dal suo gruppo. E che storia, quella che il protagonista ha voluto raccontare attraverso le note: il musicista ha collaborato (tra gli altri) con Pat Metheny e Pino Daniele, e, nota curiosa, è stato il maestro del talento nostrano Matteo Fioretti.
Alla presenza di un’ottantina di spettatori (alcuni dei quali giunti addirittura da Termoli) era accompagnato da un trio delle meraviglie, composto da Joe Amoruso, leggendario pianista dell’età dell’oro di Pino Daniele, Diego Imparato, bassista di talento e dello straordinario batterista Alberto D’Anna, scomparso prematuramente nel 2015, e del quale porteremo per sempre i suoi suoni e il suo ricordo. Il leitmotiv della serata è stato possibile individuarlo nella fusione tra fraseggi puramente jazzistici con ascendenze coltraniane e spiccate sonorità mediterranee caratterizzate dall’uso frequente di scale napoletane ed orientali, nonché dall’uso di una synth guitar a fiato. E’ stato indubbiamente un evento, oseremmo dire, unico nella storia musicale ortese, sulla cui portata non c’è stata però né la giusta percezione, né tantomeno un’adeguata partecipazione: basti pensare che su ottanta persone c’erano solo venti ortesi!  



Campeggiava nel locale una suggestiva tela realizzata da Michele Sacco, e donata allo staff come auspicio della buona riuscita del progetto, mentre il logo fu opera del pittore Faccilongo. L’arredamento, molto caldo e accogliente, discretamente soffuso, era l’ideale per trascorrere delle serate in piena spensieratezza, con il contributo del piccolo e fornito banco bar e il continuo sottofondo della musica live che ogni sera veniva proposta all’Harlem Club.

Ma non solo musica: l’amica Giovanna Di Pietro, ad esempio, fu la curatrice di una bellissima rassegna di cinema musicale, con la visione delle più celebri pellicole americane dedicate alla musica, prima fra tutte l’iconica The Blues Brothersfilm commedia musicale del 1980 diretto da John Landis e interpretato da John Belushi e Dan Aykroyd. E poi la musica suonata, dalle tantissime band che sono state ospitate, ai numerosissimi amici e collaboratori, musicisti e avventori allo stesso tempo, persone che hanno voluto condividere un sogno, romantico e visionario al tempo stesso: Matteo Fioretti, Riccardo Mennuti (Richard Blues), Giovanni Tripputo (John Trip), Maurizio Ferrandina, Daniele Del Gaudio, Francesco Bozza, Peppino Di Leo, Giuseppe Scommegna, oltre naturalmente ai due titolari!



Vita quotidiana al Club, con Matteo Fioretti

Vita quotidiana al Club, con Richard Blues.




Memorabile fu la serata/evento col tributo a Fabrizio De André, con il locale invaso da oltre 350 persone, a dimostrazione delle passione  e del particolare gradimento per l’idea e per la poesia di Faber. E come dimenticare le suggestioni argentine del Nuevo Tango Ensamble di Gianni Iorio, tra tango e jazz?! La proposta musicale dell’Harlem era multicolore, dedicata a tutto coloro che sono  stati capaci (e lo sono tutt’ora) di recepire la magia delle sette note, qualsiasi sfumatura esse abbiano. Altri autorevoli testimoni della vivacità del club furono Federico Poggipollini, già chitarrista e collaboratore dei Litfiba e prima chitarra di Luciano Ligabue, e Davide Luca Civaschi, meglio conosciuto con il nome d'arte di Cesareo, chitarra ufficiale di Elio e le Storie Tese, nonché collaboratore di Daniele Silvestri e del compianto Massimo Riva, storica chitarra di Vasco Rossi. La storia dell’Harlem Club, come si vede, è puntellata di grandi e piccoli eventi, tutti memorabili per chi ha avuto la fortuna di assistervi, ma il Club ha chiuso i battenti lasciando dietro al grande portone di legno, oltre alle voci, i suoni e i ricordi, una solenne promessa: la serata che vide come ospiti Antonio Onorato e la sua band, il talentuoso pianista Joe Amoruso, in piena confidenza, disse: < wuagliù, avete fatto un bellissimo club dove si suona divinamente, mi sembra di essere tornato negli anni settanta, e voglio turnà a sunà nata vote cà >!!! Siamo in tanti a sperare che questa promessa venga mantenuta.

Federico Poggipollini (al centro) con alcuni membri del Club, tra i quali uno dei titolari, Gabriele Corvino (a destra)
 
Il chitarrista partenopeo Antonio Onorato, durante una delle serate/evento al Club.