venerdì 9 agosto 2013

ANNI 70

                                                                         
STUDIO 54



In un lontano 26 aprile, del 1977, in un tipico giorno di uggiosa umidità atlantica, negli spazi di un ex studio televisivo (che prima ancora era stato un teatro), al 254 di West 54th Street, in New York City, prese l’avvio quello che molto probabilmente è stato il luogo di divertimento più famoso di sempre: la discoteca Studio 54. Però definirla semplicemente “discoteca”, in questo caso, è estremamente riduttivo, perché lo Studio 54, più che un luogo, era uno stato d’animo, una sensazione sublime e irripetibile, difficile da spiegare, ma solo da vivere,  un “non luogo” dell’anima! Per alcuni anni è stato stile di vita, status symbol generazionale, fucina di musica e di musicisti di livello mondiale, eden e sogno proibito di milioni di giovani, non solo americani. Da quel giorno di aprile, ogni discoteca che nasceva in ogni angolo della Terra,  aveva in mente lo Studio 54, come immaginario e fonte da emulare. L’idea di creare un locale originale, colorato, stravagante, fu di un fotomodello molto in voga nella NY dell’epoca, Uva Harden, il cui ruolo nell’operazione venne però ben presto ridimensionato dalla presenza di Steve Rubell e Ian Scharger, due “trafficoni” tirati in mezzo nella disperata ricerca di fondi, dopo che i primi finanziatori, due individui legati al giro delle gallerie d’arte, erano finiti in bancarotta, in seguito all'accusa di furto da parte dalla vedova del pittore Mark Rothko.

Steve Rubell e Ian Sharger

L’idea era quella di non badare a spese, pur di riuscire a edificare il definitivo tempio del glamour: e così fu!  Per la realizzazione furono consultati i migliori arredatori, architetti teatrali, esperti di luci e illuminazioni, abitualmente impiegati a Broadway. Ideato in puro stile Versailles, doveva essere il posto più bello e indimenticabile del mondo. Anche se la ragione principale per cui lo Studio 54 è  passato alla storia non è tanto la location, ma la quantità di vip e star assortite che la p.r. Carmen D’Alessio riusciva sera dopo sera a convogliare dentro il locale, e di conseguenza la durissima selezione cui la gente “normale” era sottoposta prima di poter entrare. La filosofia dei gestori era diabolicamente semplice: i “famosi” dentro, tutti gli altri fuori, ma con la speranza di poter entrare a condividere qualche minuto di glitz & glamour con coloro i cui nomi apparivano sulle cronache mondane dei quotidiani.


Woody Allen e Michael Jackson
Halston, Yul Brinner e Liza Minnelli

Salvador Dalì



“Poichè la clientela qui da noi è parte dello spettacolo, dobbiamo essere molto selettivi su chi lasciare entrare e chi no” dichiarò Steve Rubell all’epoca. Il folto elenco di nomi che abitualmente lo frequentava, lascia intuire come il concetto di V.I.P. alle latitudini newyorkesi era leggermente diverso da come lo si intende in Italia oggi: veline, attricette, starlette, tronisti, miss, tuttologi, ospiti televisivi professionali, olgettine e comparse da reality, che ai giorni nostri riempiono i locali e campeggiano sulle copertine di discutibili rotocalchi, non sono nemmeno l’ombra e la vaga idea di coloro che all’epoca frequentavano abitualmente lo Studio, da cui, con molta probabilità, sarebbero stati estromessi!!! Numerosissimi furono i personaggi davvero celebri, ospiti della discoteca. Tra essi spiccano i nomi di Elizabeth Taylor, Liza Minnelli, Andy Warhol, John Travolta, Truman Capote, Michael Jackson, Elton John, Elio Fiorucci, Tom Ford, Diana Ross, Richard Gere, John Lennon, Woody Allen, Silvester Stallone, Salvador Dalì, Calvin Klein, Bianca e Mick Jagger, Halston, Yul Brynner, Martha Graham, Liza Minnelli, Mikhail Baryshnikov, Cher, Tina Turner, Donald ed Ivana Trump. 

Mick Jagger e John Lennon

CHER

Diana Ross e Richard Gere

Liza Minnelli, Andy Wharol e Bianca Jagger

Anche una sconosciuta Madonna,  ai tempi ancora cantante emergente ma nello stesso tempo una gran "discotecara", era solita frequentare il localeAltrettanto numerosi furono gli artisti che vi si esibirono, tra i quali, Grace Jones, gli Chic, i noti DJ Louis Gison e Alì Bousfiha, il cantante Sket, la stessa Diana Ross ed Amii Stewart.

Caratteristica principale del locale erano le provocazioni al costume borghese e la stravaganza delle serate proposte. L'intento dei direttori artistici del locale era infatti quello di garantire ogni sera: «la festa più grande del mondo», nonché quello di scioccare con gli eccessi la città di New York. La musica riprodotta ad alto volume, la migliore disco music che gli anni settanta hanno partorito, le scenografie allusive (emblematica era la falce di luna imboccata dal cucchiaino contenente cocaina), le serate che ogni sabato prevedevano una sorpresa o un nuovo eccesso, con, al culmine, l'Uomo sulla Luna, che scendeva tra il pubblico ed offriva ai presenti lo scintillante contenuto di un cucchiaino d'argento, erano la regola per lo Studio.



 Il pubblico sentiva parlare di scene orgiastiche e di favolosi megaparty a tema. Essa fu anche la prima discoteca ad adottare sistematicamente la selezione all'ingresso, e quello che avveniva al suo interno era riportato immancabilmente dai magazine, con le foto di personaggi famosi che apparivano sulle pagine unicamente per il fatto di aver passato la notte nel locale! Fece epoca la foto di  Bianca Jagger, che, in occasione dei festeggiamenti per il proprio compleanno, entrò in pista a dorso di un cavallo bianco. Essendo stato prima un teatro, la pista, dall'ampiezza di 1800 metri quadri, era stata collocata nella platea: la sala era attrezzata con ben 54 diversi effetti luminosi, neon rotanti, luci stroboscopiche e torri di riflettori colorati, che diffondevano luci intermittenti e si alzavano e si abbassavano illuminando il pubblico. La consolle del DJ alloggiava dove un tempo era il palcoscenico, mentre la zona dei divani era stata ricavata nella balconata. Ad essa si accedeva da una decoratissima scala in stile barocco. Il bancone del bar si trovava sotto la balconata, e quindi allo stesso livello della pista. Sconosciuta ai più, per l'accesso strettamente riservato, era una saletta (oggi si direbbe il privé) collocata ad un livello superiore, in corrispondenza della balconata; vi poteva entrare un ristrettissimo numero di persone, invitate personalmente da Steve Rubell. Ma il gestore del locale faceva anche qualche eccezione: gli piaceva a volte pescare tra la folla, a caso, dei perfetti sconosciuti e li invitava insieme alle celebrità ai suoi party esclusivi.

Calvin Kleine e Brook Shields

Il tramonto
Inaugurato nell' aprile del 1977, l'età d'oro del locale durò appena tre anni. L'alone di magia che lo circondava sparì improvvisamente quando, nel 1980, Rubell fu arrestato per possesso di  droga e frode al fisco. Il locale cambiò gestione e restò aperto fino al 1986, ma oramai l’incantesimo si era spezzato. Gli anni ’80 avevano travolto il magico mondo della febbre del sabato sera, mentre quel luogo “mitologico”, testimone di serate che mai nessuno ha osato immaginare, tornò ad essere riabilitato a teatro (tuttora funzionante). Ma questa fine "ingloriosa" non ne ha mai offuscato la leggenda, semmai ha contribuito ad accrescerla! La memoria dello Studio 54 è sempre viva,  ripercorsa occasionalmente in programmi televisivi, articoli di giornali e, nel tempo, in svariati brani musicali.  Nel 1998 gli è stato anche dedicato un film, dal titolo Studio 54, scritto e diretto da Mark Christopher. Ma, al di la di questi “omaggi”, rimane il ricordo privilegiato ed esclusivo di chi ci è entrato, almeno per una volta nella vita.

1 commento:

  1. Beati loro che hanno vissuto quegli anni magici,e quindi anche lo studio 54 !!!

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