sabato 28 settembre 2013

Anni 60 : PIPER CLUB


IL POSTO DOVE ACCADDE DI TUTTO…

Il 22 agosto (2013) è morto a Roma Giancarlo Bornigia. Questa in se potrebbe essere una notizia come tante, magari destinata anche a passare inosservata, se non fosse per il nome del protagonista. Bornigia, che avrebbe compiuto 83 anni il 29 settembre (2013), è scomparso per un arresto cardiaco al Policlinico Umberto I di Roma. I funerali si sono  svolti lunedì 26 agosto (2013), nella chiesa di Santa Chiara, in piazza dei Giochi Delfici. Ma chi era Giancarlo Bornigia? Un personaggio che in maniera indiretta (o diretta) ha dato tanto alla musica, e probabilmente, forse senza rendersene pienamente conto, è stato uno dei pionieri in Italia per la diffusione della liberalizzazione del costume e della cultura alternativa di marca anglosassone! Vero re delle notti romane e fondatore, con Alberigo Crocetta e Alessandro Diotallevi, del leggendario Piper Club, locale  diventato uno dei simboli riconosciuti del boom economico italiano degli anni '60.    

Commerciante di automobili, la svolta della vita per Bornigia arriva nel 1965. Non è facile, per chi non l’ha vissuta di persona, raccontare la vita e l’atmosfera che si respiravano qualcosa come più di mezzo secolo fa al Piper Club, il locale nato in quell’anno, al numero 9 di via Tagliamento e diventato in pochi mesi, o meglio in poche settimane, santuario romano della musica, il punto d’incontro di migliaia e migliaia di ragazze e ragazzi che piovevano a Roma da mezza Italia e anche dall’estero,  per raggiungere lo storico grande scantinato, un posto dove poteva accadere di tutto, e dove in effetti accadde proprio di tutto! Quelli erano anni di forte crescita economica e l’aria che si respirava era talmente carica di aspettative, che spesso induceva molti giovani a un eccesso di intraprendenza, ai limiti dell’incoscienza, la stessa euforia che contagiò i tre amici romani a “buttarsi” in una impresa ardua e inverosimile, una scommessa avvincente!  Il Piper non era solo una semplice discoteca:    sono passati veramente tutti, ma proprio tutti, dai Rolling Stones ai Genesis, da Jimi Hendrix ai Pink Floyd, dai Rokes agli Who, da Sly and The Family Stone a Lionel Hampton, da Rocky Roberts ai Procol Harum, da Nino Ferrer a Patrick Samson. Una domenica di mezza mattina, ad esempio, una classica ed anonima domenica romana, dal tipico sapore di “carbonara e coda alla vaccinara", chi si trovò nel locale, riuscì ad assistere a un evento inimmaginabile, un esclusivo e quasi segreto concerto dell’orchestra di Duke Ellington, con la leggendaria big band messa al centro della pista (erano troppi musicisti per trovare lo spazio giusto sul pur ampio palcoscenico) e il pubblico che si sistemava ai fianchi, sul palco, sulle balconate e in ogni angolo per godersi il grande, immenso Duke.    














Anche molti musicisti italiani si sono fatti le "ossa" al Piper, e basta un breve elenco per capire che tipo di fascino avesse il locale. Laggiù sono passati e spesso avviati artisti del calibro di Mina, Gabriella Ferri, Rita Pavone, Mia Martini, Loredana Bertè, l’Equipe 84, Formula 3, i Pooh, Fred Bongusto, Wess e Dory Ghezzi, i New Trolls, le Orme, i Corvi, i Ricchi e Poveri, i Dik Dik, Romina Power, i New Dada, i Rokketti, Caterina Caselli, Mita Medici, i Primitives di Mal.
 Ma i due personaggi che hanno indissolubilmente legato il loro nome a quello del Piper senza ombra di dubbio sono Patty Pravo (la ragazza del Piper) e Renato Zero (che circa vent’anni dopo, in pieno successo popolare gli dedicò il titolo di un intero album, via Tagliamento, appunto).  






La linea artistica si ispirava al mondo del beat inglese, da cui copiò anche l'idea dell’uso innovativo di luci stroboscopiche e colorate, accoppiate ai suoni e allo stile ispirato dalla moda. Probabilmente il Piper, che dettava le tendenze anche in fatto di moda in quegli anni, fece da trampolino per il trionfale ingresso della minigonna in Italia, ideata dalla stilista londinese Mary Quant, uno dei tanti aspetti della “rivoluzione” dei sixty, che stavano preparando la strada per i “fuochi” del ’68!
E proprio nel 1968 dal Piper partì un'iniziativa simile a quelle in voga negli anni 70, i cantagiri canori: nella fattispecie, il CantaPiper. "Piper Club" è stato inoltre il nome di un'etichetta discografica che ha pubblicato i dischi di molti degli artisti che si esibivano nel locale. Ma l’interesse di Bornigia non si fermava alla musica: tra note e pittura, Bornigia portò in mostra al Piper Club anche opere d'arte contemporanee, tra cui alcuni  dipinti di Andy Warhol, di Schifano e opere di Piero Manzoni e di Mario Cintoli.
 Dopo il Piper, Bornigia ha proseguito, al pari di un Re Mida, nella "creazione" di altri locali, frequentatissimi nelle notti romane, come il Gilda, l’Alien, lo Smile, il Tatum e l’Acquapiper di Guidonia. Accorto amministratore, che cercava per quanto possibile di tenere stretti i cordoni della borsa, uomo che per anni e anni è stato il re delle notti romane, con un giro d'affari di svariati miliardi, supermanager che ha sempre seguito le regole pagando puntualmente tasse, la Siae, i contributi e tutto il resto, questo era Bornigia. Era preciso al punto che molti, da quelli che non riuscivano a entrare o a superare le chilometriche file all’ingresso, fino ai musicisti italiani e stranieri che tentavano di aumentare i propri "onorari", l'avevano simpaticamente soprannominato l’implacabile.

 

Nessun commento:

Posta un commento